L'impero Romano(parte3)
Pur non essendo il più vasto impero mai esistito, spettando tale primato innanzitutto, per grandezza in estensione, all'impero britannico e per continuità territoriale all'Impero Mongolo, quello di Roma è considerato il più grande per gestione e qualità del territorio, organizzazione socio-politica, e per l'importante segno lasciato nella storia dell'umanità. In tutti i territori sui quali estesero i propri confini i romani costruirono città, strade, ponti, acquedotti, fortificazioni, esportando ovunque il loro modello di civiltà e al contempo assimilando le popolazioni e civiltà assoggettate, in un processo così profondo che per secoli ancora dopo la fine dell'impero queste genti continuarono a definirsi romane. La civiltà nata sulle rive del Tevere, cresciuta e diffusasi in epoca repubblicana ed infine sviluppatasi pienamente in età imperiale, è alla base della civiltà occidentale.
Durante il medioevo e anche in seguito numerose nazioni aspirarono a divenire eredi dell'Impero romano o si rifecero ad esso, come l'Impero di Carlo Magno, il Sacro Romano Impero e più tardi l'Impero di Napoleone in Occidente o l'Impero serbo, l'Impero latino, l'Impero russo e, anche se solo in parte, l'Impero ottomano in Oriente. Queste entità continuarono ad usare i titoli adottati dall'Impero romano, così come le istituzioni politiche, sociali e giuridiche delle democrazie occidentali si ispirano a Roma ed alla sua storia millenaria.
Le due date indicate come inizio (27 a.C.) e fine (395 d.C.) convenzionali di un Impero romano unitario, come spesso accade nelle definizioni dei periodi storici, sono puramente arbitrarie. In particolare per tre ragioni: sia perché non vi fu mai una vera e propria fine formale della Res publica Romana, le cui istituzioni non furono mai abolite, ma semplicemente persero il potere effettivo a vantaggio dell'imperatore; sia perché nei 422 anni tra esse compresi si alternarono due fasi caratterizzate da forme di organizzazione e legittimazione del potere imperiale profondamente diverse, il Principato e il Dominato; sia perché anche dopo la divisione dell'impero le due parti continuarono a sopravvivere, l'una sino alla deposizione dell'ultimo Cesare d'Occidente Romolo Augusto nel 476 (o più precisamente fino al 480, anno della morte del suo predecessore, Giulio Nepote, che si considerava ancora imperatore), l'altra perpetuandosi per ancora un millennio in quell'entità nota come Impero bizantino. L'anno 476 è stato inoltre convenzionalmente considerato come data di passaggio tra età antica e Medioevo.
Se per alcuni - e in parte per gli stessi antichi - già l'assunzione nel 49 a.C. della dittatura da parte di Gaio Giulio Cesare può segnare la fine della Repubblica e l'inizio di una nuova forma di governo (tanto che il nome stesso di caesar divenne titolo e sinonimo di imperatore), è anche vero che per essi l'impero di Roma esisteva già da tempo, da quando cioè la città repubblicana aveva iniziato a legare a sé i territori conquistati sotto forma di province, estendendo su di esse il proprio imperium, cioè l'autorità politico-militare dei propri magistrati (ciò accadde a partire dalla Sicilia, nel 241 a.C.).
Il 31 a.C. invece (anno in cui la flotta romana comandata dal generale Marco Vipsanio Agrippa sconfisse quella egiziana guidata da Marco Antonio e Cleopatra presso Azio, in Grecia, segnando la fine del secondo triumvirato e la definitiva sconfitta dell'unico vero avversario di Ottaviano per il predominio a Roma) rappresenta l'inizio effettivo del potere di Augusto, ponendo infatti fine a quella lunga serie di guerre civili che avevano segnato nell'ultimo secolo la crisi della Repubblica. In breve tempo, Ottaviano divenne arbitro e padrone dello Stato: inaugurò nel 27 a.C. la definitiva forma del suo principato e governò pur senza detenere nessuna carica, con una formula di primus inter pares, pater patriae (nel 2 a.C.), princeps e, soprattutto, augustus, titolo onorifico conferitogli in quell'anno dal Senato, per indicare il carattere sacrale e propiziatorio della sua persona. È vero anche che Augusto ebbe pieni poteri solo nel 12 a.C., quando divenne Pontefice Massimo. Durante l'anarchia militare infatti, quando alla guida di Roma c'erano due imperatori, quello che aveva più potere era quello che ricopriva anche la carica di Pontefice Massimo.
In realtà, però, la denominazione di imperium ha un senso più generale di quello a noi familiare: è Tito Flavio Vespasiano il primo ad assumere la carica formale di Imperator. Prima di Vespasiano, il titolo di Imperator era attribuito semplicemente al comandante in capo dell'esercito romano, che doveva essere acclamato come tale dalle sue truppe sul campo, solo in quel caso era imperator e deteneva il diritto ad inoltrare richiesta di trionfo al Senato che era libero di accordargliela o rifiutargliela. Ottaviano, del resto, rispettò formalmente le istituzioni repubblicane, ricoprendo diverse cariche negli anni che lo portarono comunque ad ottenere un potere tale, che nessun altro uomo prima di lui a Roma aveva mai ottenuto.
La vita politica, economica e sociale durante i primi secoli dell'Impero gravitava attorno all'Urbe. Roma era la sede dell'autorità imperiale e dell'amministrazione, principale luogo di scambio commerciale tra Oriente ed Occidente oltre ad essere di gran lunga la più popolata città del mondo antico con circa un milione di abitanti; per questo migliaia di persone affluivano quotidianamente nella capitale via mare e via terra, arricchendola di artisti e letterati provenienti da tutte le regioni dell'Impero.
Esisteva una netta differenza tra il vivere a Roma o nelle province: gli abitanti della capitale godevano di privilegi ed elargizioni, mentre il peso fiscale si riversava più pesantemente sulle province. Anche tra città e campagna, ovviamente tenendo conto del ceto sociale, la qualità di vita era migliore e più agiata per i cittadini, che usufruivano di servizi pubblici come terme, acquedotti, teatri e circhi.
Dall'epoca di Diocleziano, Roma perse il suo ruolo di sede imperiale a favore di altre città (Milano, Treviri, Nicomedia e Sirmio), restando, però, capitale dell'Impero, fino a quando, nel corso del V secolo, si andò sempre più imponendo Costantinopoli (la Nova Roma voluta da Costantino), anche grazie ai mutati rapporti di forza tra un Oriente ancora prospero e un Occidente in balia delle orde barbariche e sempre più prostrato dalla crisi economica, politica e demografica.
Dopo la crisi che paralizzò l'Impero nei decenni centrali del III secolo, le frontiere si fecero più sicure a partire dal regno di Diocleziano (284-305), il quale introdusse profonde riforme nell'amministrazione e nell'esercito. L'Impero poté così vivere ancora un periodo di relativa stabilità fino almeno alla battaglia di Adrianopoli (378) e, in Occidente, fino ai primi anni del V secolo, quando si produsse una prima, pericolosa incursione da parte dei Visigoti di Alarico I (401-402) cui seguirono altre che culminarono nel celebre sacco di Roma del 410, avvertito dai contemporanei (san Girolamo, sant'Agostino d'Ippona) come un avvenimento epocale e, da alcuni, perfino come la fine del mondo. Gli ultimi decenni di vita dell'Impero romano d'Occidente (quello d'Oriente sopravviverà, come si è detto, per un altro millennio) furono vissuti in un clima apocalittico di morte e di miseria dalla popolazione di molte regioni dell'Impero, falcidiata da guerre, carestie ed epidemie. La conseguenza finale fu la caduta della stessa struttura imperiale.
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